STORIA DEL CULTO AL
PATRONO
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NOTO: PROCESSIONE DI SAN CORRADO
OTTAVA DEL 7 SETTEMBRE 2003
di
Biagio
Iacono
foto
UBcalendasco
NOTO, 07 Settembre 2003 - Ci troviamo nel presbiterio
della Chiesa di San Carlo a Noto, in provincia di Siracusa, in
occasione della festa d’ottava di San Corrado Confalonieri,
patrono della Città e della
Diocesi omonima, mentre alcuni dei più anziani della
Confraternita dei
Portatori del Santo spostano l’Urna con le sacre reliquie
dall’altare maggiore alla sommità dei quattro grifoni d’argento
che la sostengono durante la processione su una cosiddetta
“vara” od impalcatura in legno, rifatta ex novo dopo il crollo
della Cattedrale il 13 marzo 1996.
Il tutto, come si vede, sotto la regia silenziosa ed attenta del
parroco della Cattedrale Mons. Salvatore Bellomia e di altri
Sacerdoti o Diaconi, fra inni e canti dei moltissimi fedeli o
devoti, accompagnati al suono dell’antico organo restaurato, tra
le fila dei portatori dì cili,
i tradizionali grandi ceri artisticamente decorati alla
sommità d’un alto
fusto in legno, mentre si gareggia nel baciare l’Urna
o sfiorarla toccandola al contatto delle mani o del solo
corpo, soprattutto dei più piccoli da parte di genitori che li
innalzano in segno di mistica offerta votiva.
L’Urna
- esposta sotto la cupola si avvia ad uscire dalla navata
centrale, in cui vediamo gli affreschi del pittore netino
Costantino Carasi, e si sofferma davanti al portale d’ingresso,
nella concava facciata settecentesca dai tre classici
ordini delle sovrapposte colonne
dorico-ionico-corinzie, opera, come tutta la Chiesa,
dell’architetto Rosario Gagliardi.
Questa uscita - “a
sciuta i S. Currau” costituisce il primo dei
momenti più attesi, nella tradizione,
per la scenografica imponenza della processione che, da
fattore squisitamente religioso, comincia a divenire quasi uno
spettacolo folcloristico vero e proprio, anche se permeato da
una profonda ed indiscutibile fede che sfocia però, spesso, in
antiche formule tipicamente paganeggianti od intrise di acceso
fanatismo nell’esaltazione del Santo: si comprendono, così, le
continue grida di esortazione che s’innalzano, ora dai portatori
dei cili ora da quelli dell’urna, come “Nuticiani, chi siemu
tutti muti? Evviva San Currau” oppure “ E riciemulu cu tuttu lu
core: Evviva San Currau”!
Certo, questa che vediamo, non è l’uscita trionfale dall’alto
della neoclassica scalinata della Cattedrale, quando i raggi del
sole prima del tramonto ne indorano la facciata, mentre l’Urna
risplende più che mai al riflesso d’una grande luce magicamente
dorata!
La Banda municipale accompagna, dopo l’uscita, tutti i vari
momenti della processione la quale, giunta davanti a Palazzo
Ducezio, opera settecentesca dell’architetto netino Vincenzo
Sinatra e sede dell’Amministrazione Comunale, attende che - con
la sosta dell’Urna al centro di Piazza Municipio – il Sindaco in
carica avv. Michele Accardo, Assessori e Consiglieri si
dispongano al seguito del Santo sempre fra le due variopinte
file di cilii, portati quasi sempre per fede votiva
a grazia
richiesta e/ricevuta o per conto di terzi a soddisfazione
d’un voto o promessa.
Si
procede, quindi verso est lungo il Corso Vittorio Emanuele fino
all’incrocio con Via Zanardelli e Via Dogali e Saati, per dove
l’Urna sale fra il Belvedere dell’ex Monastero del SS. Salvatore
e la Chiesa di S. Francesco all’Immacolata al grido più volte
ripetuto fra il popolo in preghiera: “E cu vera fedi ciamamulu:
Viva San Currau!”
Giunta su Via Cavour, ove sosta ancora, l’Urna scende
verso Via Pietro Micca e – attraverso uno stretto
percorso – giunge, si ferma ed entra nella Chiesa di S.
Andrea, in pieno Quartiere “Mannarazze”, nella quale si ripete
un antichissimo rito
di entrata, sosta, venerazione ed uscita di essa, accompagnata
sempre da canti, inni e preghiere dei fedeli: rito che, di volta
in volta, ritorna in tutte le chiese verso cui procede la
processione, come nel nostro filmato, giunta ora davanti al
piazzale della Chiesa dell’Ecce Homo o Pantheon, ricostruita
nella prima metà del Novecento sulla settecentesca distrutta ed
adiacente all’annesso Convento dei Padri Cappuccini.
Qui l’Urna sosta al
centro quasi di una folla in festa che attende l’omaggio
dei portatori di cili in corsa con un andirivieni in danza come
ad omaggio al Santo,
fra gli applausi e le solite grida di esortazione alla fede.
Il Parroco del Pantheon benedice con l’incenso l’Urna e
la precede, con gli altri religiosi, all’ingresso nella Chiesa,
che custodisce le salme di Caduti netini durante la prima guerra
mondiale. Anche qui si ripete il rito di cui abbiamo detto e,
nel nostro filmato, vediamo anche un neonato essere appoggiato a
diretto contatto della cassa, come quasi
innalzato in devota offerta al Santo.
Poi si giunge, per Via Salvatore La Rosa, in Piazza XVI
Maggio ove l’Urna sosta all’incrocio col Corso Vittorio
Emanuele, mentre vediamo due bambini col saio francescano di S.
Corrado ritti sul
bordo della Fontana d’Ercole, recentemente restaurata.
Si procede, quindi, verso Piazza Municipio passando
al centro dell’illuminazione artistica, che sempre
diversa di anno in anno, e
- fatta nuovamente
sostare la processione davanti Palazzo Ducezio -
assistiamo alla frenetica danza dei cili mentre i
Portatori, di corsa ed incitati dal popolo, salgono sulle due
rampe di scale della Cattedrale ove l’Urna con le sacre spoglie
viene in alto
esposta alla venerazione dei fedeli, da Mons. Salvatore Bellomia,
parroco della ricostruenda Matrice, invitati tutti ad una
preghiera a S. Corrado.
I tradizionali fuochi d’artificio che segnano il rientro
o “la trasuta di S.Currau” qui fanno bella mostra di sé, mentre
la processione si
avvia alla conclusione che comprende un ulteriore omaggio dei
cili dentro la Chiesa di San Carlo ove l’Urna è attesa al
rientro, ed ove viene riposta sull’altare maggiore
in cui è stata venerata durante i giorni della festa di
S. Corrado.
Noto, Zisola 28
Ottobre 2003
Biagio Iacono
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